Pochi sono i reperti in peltro risalenti alle epoche precedenti al Trecento, a esclusione degli oggetti liturgici ritrovati in alcune tombe sacerdotali a Metz, in Francia.

Si ritiene tuttavia che il peltro fosse prodotto da tempo in discrete quantità, poiché nell’XI secolo, nelle chiese più povere, si usavano patene in peltro anziché in argento; tra il XIII e il XIV secolo stoviglie di questo materiale erano diffuse presso le famiglie di tutta Europa.

La grande diffusione dell’uso del peltro si ha a partire dal XIII secolo nel quale si formano anche delle corporazioni di peltrai, in questo periodo si ebbe una fiorente produzione di boccali e misure di capacità.

Nel XIV secolo gli articoli commissionati dalle chiese e gli oggetti di culto come reliquiari, acquasantiere e calici, vengono eseguiti con lavorazioni più raffinate e artistiche.

 

Nel XV secolo la riattivazione di vecchie miniere di stagno europee, la scoperta di ingenti nuovi giacimenti e l’ascesa economica e artistica di Francia e Germania contribuiscono a far entrare gli oggetti di peltro come piatti, zuppiere, bicchieri e brocche meticolosamente lucidate all’interno delle case della borghesia, diventando oggetti di valore da tramandare per generazioni.

La diffusione del peltro in Italia è stata inferiore a quella avvenuta nei paesi d’oltralpe perché nella penisola è sempre stato molto diffuso l’uso della ceramica, ma l’apprezzamento del suo valore economico è ancor oggi testimoniato ad esempio dal modo ancora in uso a Milano per definire una persona piuttosto ricca: ”L’ha del pelter!”.

La produzione del peltro attualmente è regolamentata anche dalle norme europee UNI EN che ne stabiliscono le quantità di stagno e degli altri metalli che compongono le 6 leghe classificate.